lunedì 24 dicembre 2007

Tanti auguri a modo mio!


sabato 8 dicembre 2007

Nomi impronunciabili, storie inenarrabili

Nell’estate del 1995, a oltre tre anni dall’inizio del conflitto bosniaco, delle tre enclaves musulmane in territorio bosniaco due, Srebrenica e Zepa, erano state abbandonate dalle truppe ONU e rapidamente occupate dall’esercito serbo.
I superstiti di Srebrenica avevano poi raccontato storie orribili, confermate dai ritrovamenti di fosse comuni avvenuti a conflitto cessato.
Sul futuro di Goradže, ultima delle tre enclaves, si allungavano ombre sinistre.
Del resto, i timori della popolazione erano confermati dal fatto che le truppe ONU britanniche ed ucraine avevano, in autunno, abbandonato anche questa città.
Poco dopo detta smobilitazione, con un convoglio di aiuti umanitari, arriva a Goradže un autore statunitense di fumetti, Joe Sacco.
Ed è ancora una volta in un fumetto che può trovarsi l’unico reportage (perché di vero reportage si tratta) giunto in Italia su questa storia che si è svolta al di là di quello stretto braccio di Mediterraneo che bagna le coste orientali della nostra penisola.
Per questo vorrei consigliarne la lettura: perché meglio di alcuni libri sull’argomento (anche grazie agli straordinari disegni di Sacco, profondamente espressivi e drammatici) questo fumetto permette di capire realmente cosa è accaduto dieci anni or sono a poche miglia marine da noi, attraverso le vive parole della gente che l’autore ha intervistato.
Vive parole della gente, come quelle di Edin, musulmano, che, della situazione precedente lo scoppio della guerra, diceva:
Ho passato un’infanzia felice. Non facevo la minima distinzione tra bambini serbi, croati e musulmani. Stavamo sempre insieme… a pescare nel bosco, sul campo da basket o allo stadio… Qui la popolazione era mista. Sulla sinistra di casa mia c’erano i serbi, dall’altra parte della strada i musulmani e a destra i musulmani. A un certo punto passavo la maggior parte del tempo con un amico serbo. Stava intere giornate a casa mia. Alla sera… mia madre, per farmi andare a cena, lo chiamava e gli diceva di mangiare insieme a me… Ho passato tutta la mia vita con i miei amici serbi Boban, Miro, Goran…Mi sono ubriacato con loro un’infinità di volte… Andavamo insieme a tutte le feste, ovunque. Non facevamo la minima distinzione”.
Eppure, questo straordinario esempio di convivenza e di equilibrio è stato spazzato via in breve, attraverso una mirata propaganda arricchita di invenzioni che ha soffiato sulle braci della paura fino a far riaccendere il fuoco dell’odio.
Così quello “stare sempre insieme” lentamente nella memoria si è cancellato; e quando Edin, poco prima della guerra annunciata ha chiesto ad un amico serbo “Perché non volete vivere con noi nello stesso paese?” si è sentito rispondere “Non potete aspettarvi che in futuro tra noi ci siano buoni rapporti. Voi avete intenzione di uccidere tutti i serbi bosniaci per creare uno stato musulmano”.
Il massacro pianificato ormai da tempo (i testimoni dichiarano a Sacco che nei mesi precedenti all’inizio degli scontri, mentre di giorno i vicini serbi e musulmani continuavano a salutarsi, sebbene sempre meno calorosamente, di notte i serbi accumulavano casse di armi nelle cantine) stava per iniziare.
La storia raccontata da Sacco appare significativa, tuttavia, non solo perché cronaca dell’alba di una guerra civile, di un genocidio, quanto anche e soprattutto perché cronaca delle sofferenze vissute dagli abitanti della città di Goradže e del loro caparbio e speranzoso attaccamento alla vita. Sacco racconta (e disegna) di mulini montati su zattere galleggianti sulla Drina, usati come generatori per l’elettricità; di marce massacranti nei boschi innevati controllati dai serbi, ad oltre 1700 metri di altitudine, per raggiungere Grebak, postazione dell’esercito bosniaco dove si distribuivano viveri. Sacco racconta Goradže e la sua voglie di continuare ad esistere. Goradže: città dal nome difficile da pronunciare, come Srebrenica, come Nogunri. Città che, come Srebrenica, come Nogunri, ha una storia dura da raccontare. Che, tuttavia, va letta e raccontata, per non lasciare che nelle fosse comuni scavate in Bosnia nella prima metà degli anni novanta, resti seppellito l’unico strumento che abbiamo per impedire alla storia di ripetersi così tragicamente: la memoria. [1]


[1]
Per chi sia interessato alla storia di Sarajevo durante il conflitto, consiglio Neven, sempre scritto e disegnato da Joe Sacco

giovedì 6 dicembre 2007

La satira russa?


Sarà fatta una selezione delle mie migliori vignette (una per ogni mese), selezione che sarà pubblicata sul Quotidiano della Basilicata a fine anno. Per quelle che ho disegnato da settembre potete aiutarmi anche voi, visitando il mio blog e indicando nei post recenti un massimo di due preferenze per ogni mese. Alla redazione del giornale la parola finale...

Amici, dite la vostra (disegno originale a chi ci azzecca)! Tenghiiuuuu ;-)

Giulio Laurenzi


martedì 27 novembre 2007

L'aveva invitata a cena...

Ciao ragazzi. Vi sottopongo quest'altra immagine. Per evitare contrasti sulle dimensioni del seno, questa volta il personaggio è rappresentato di spalle....

Gerardo C.

domenica 18 novembre 2007

Demolizioni e fusi orari

Ho già detto del fatto che il fumetto ricopre oggi ruoli molto diversi da quelli solitamente attribuitigli, riempiendo spazi colpevolmente lasciati vuoti da blasonate case editrici della letteratura “maggiore”.
Ulteriore prova di quest’affermazione può trovarsi in un lavoro coreano - edito in Italia nel 2006 - che racconta un episodio storico della guerra di Corea [1]: il ponte di Nogunri. 
- Il ponte di No che? – 
Se avete pensato così, sappiate che sono parole identiche a quelle che mi sono passate per la mente leggendo il titolo rosso stampato sulla copertina di questo volume di oltre 600 pagine della Coconino Press, parte di un progetto in più tomi che, purtroppo, non ha ancora visto il compimento.
Col tempo ho capito: ero stato dietro ad un muro troppo alto, per vedere quel ponte. Ma veniamo al racconto.
La storia è quella vissuta in prima persona da Chung Eun-Yong (uno dei due autori del fumetto ed autore unico del libro da cui il fumetto è tratto) che, nel 1950, all’avanzare delle truppe nord coreane, è costretto ad abbandonare con la sua famiglia il villaggio in cui vive e, pochi giorni dopo, a separarsi dalla moglie, dai due figli e dai vecchi genitori.
La prima parte del racconto si incentra sulla lunga fuga di Chung, sui drammi degli sfollati cui assiste, sulla sua ricerca dei familiari perduti, fino a terminare con il ritrovamento della moglie nel campo sfollati n. 19002.
L’incontro dei due coniugi, che normalmente costituirebbe la fine dell’angoscia connessa alla separazione è, in realtà, nella tragedia narrata, solo il preludio della seconda parte della narrazione, quella ben più cruda e dolorosa.
Chung, infatti, apprende dalla moglie della morte dei due figli e dei propri genitori, uccisi da uomini che aveva creduto alleati: i soldati americani.
A questa deposizione Chung ha aggiunto quelle raccolte negli anni dalla viva voce di altri testimoni, ricostruendo il quadro dei fatti: truppe americane in ritirata, cadute giorni addietro in un'imboscata dei soldati nord- coreani travestiti da profughi, nel luglio del 1950 avevano incontrato nei pressi di No gun Ri la colonna di profughi di cui faceva parte la famiglia di Chung; temendo la presenza di infiltrati nordcoreani, avevano deciso un “attacco preventivo”; i profughi erano stati, dunque, prima bombardati dagli aerei, poi colpiti dalle raffiche delle mitragliatrici; avevano cercato rifugio sotto gli archi di un ponte ferroviario (quello che dà il titolo al libro) e lì erano restati quattro giorni e quattro notti, senza né acqua né cibo, bersagliati dai soldati che uccidevano chiunque osasse muoversi.
Quando gli americani erano andati via, delle circa 500 persone che erano fuggite, erano rimasti in vita solo in 25, in maggioranza bambini a cui i genitori avevano fatto scudo col proprio corpo.
Questi i fatti, a me ignoti - come detto - e credo anche ai più.
Ma, come accennato, la colpa di questa ignoranza non va cercata in Corea. Essa sta tutta in un muro costruito a migliaia di kilometri di distanza da No Gun Ri: il muro di Berlino.
Della vicenda, infatti, l’opinione pubblica coreana e mondiale, non ha saputo nulla sino alla fine della contrapposizione dei blocchi sovietico ed americano, sino alla caduta del muro che ha diviso in due una città, un popolo, il mondo intero, un muro troppo alto che ha impedito di vedere quei fornici sporchi di sangue e che, inoltre, ha imbavagliato con ferro e cemento le voci di vittime invocanti giustizia.
Per la Corea, in verità, e per i morti di No Gun Ri, il muro non è stato demolito nel 1989, ma – ironia dei fusi orari della storia – solo nel 1997, quando alcuni dei coreani sopravvissuti all’eccidio, riunitisi in associazione, hanno potuto denunciare ufficialmente l'accaduto.
La loro denuncia è stata raccolta dai reporter dell'Associated Press che hanno iniziato un serio lavoro di inchiesta che li ha portati a scoprire ed a pubblicare la verità - ad onta delle sconfessioni dell’esercito statunitense - fino al conseguimento, per la serietà ed accuratezza della indagine, del premio Pulitzer [per chi fosse interessato ad approfondire, Wikipedia.org offre un accurato resoconto alla voce NO GUN RI (in inglese)].
Unica testimonianza stampata di quei fatti è oggi in Italia un fumetto che, lungi dall’essere racconto per bambini, può senza dubbio prendere posto nelle biblioteche tra importanti opere storiche, caratterizzandosi per la serietà ed il rigore della testimonianza autoptica.

EPILOGO

Il primo volume del ponte di No Gun Ri, tuttavia, non si chiude con la cronaca della strage, giungendo - nella narrazione - sino all’inverno del ‘55.
Chung corre ancora, come quando dovette abbandonare il suo villaggio. Tuttavia stavolta non fugge: va verso casa.
Apre la porta.
Sua moglie è a letto; accanto a lei, un neonato. Chung lo solleva, il bimbo inizia a piangere.
E piange anche Chung, impastando nelle lacrime la gioia di chi torna a vedere il futuro con il dolore, ancora vibrante, di un padre privato dei suoi figli, mentre le urla del piccolo si stemperano nel fischio di un treno che, nella sua corsa, supera il buio di quel ponte a due archi sul quale tante altre volte sarà costretto a tornare.
Vito Carella

P.S. Termino quest’articolo con due ringraziamenti e delle scuse: 
- un ringraziamento a tutti quelli che hanno letto (anche ove non avessero gradito) il precedente articolo su Gen di Hiroshima (ovviamente ringrazio con più affetto chi lo ha gradito!!!);
- un ringraziamento a Giulio, per avermi consigliato il libro di cui ho parlato [consiglio col quale si è ampiamente riscattato da alcuni infelici suggerimenti per i quali ha ricevuto diverse litanie di improperi];
- delle scuse a tutti per la fretta con cui mi capita di scrivere e postare i pezzi, dovute al fatto che posso dedicare a ciò solo i pomeriggi domenicali;
- delle scuse ad Egidio, perché non mi sento ancora pronto per affrontare un articolo su Maus: prometto che ci lavorerò.


[1]
La Corea, dopo oltre un trentennio di dominazione giapponese, durante la seconda guerra mondiale era stata occupata a nord dall’esercito sovietico, a sud da quello statunitense. Alla fine delle ostilità, il paese venne diviso in due, con un confine segnato lungo la linea del 38° parallelo. Nell’area settentrionale si formò un governo comunista filosovietico; in quella meridionale un governo nazionalista filoamericano. Nella notte del 25 giugno 1950, la netta contrapposizione ideologica, la strettissima contiguità, il clima di sospetti tipico di una guerra fredda agli inizi, spinsero le truppe nord coreane ad invadere il sud, raccogliendo, inizialmente, una serie di folgoranti successi che portarono sino all’occupazione di Seoul. Le sorti del conflitto si riequilibrarono in seguito, con la controffensiva delle truppe del Sud e la conclusione di un accordo di pace che confermò lo stato preesistente alla guerra stessa. Furono 1.500.000 i civili morti nel conflitto, 1 milione di nordcoreani e 500.000 sudcoreani.

mercoledì 14 novembre 2007

Seminario "Introduzione alla fotografia"

L’Associazione Culturale “LA NUVOLA SCARLATTA” organizza per il giorno 25 novembre dalle ore 16.00 alle ore 19.30 presso il Centro di Formazione “DOC - Archiviazione Documentale” sita in C.da Centomani, 11 all’ingresso dell’uscita autostradale Potenza Ovest un seminario su


"Introduzione alla Fotografia - Tecniche e strumenti"


Docente “fotografo Ernesto Salinardi”

Il costo di partecipazione è di 8.00 € , 5.00 € per studenti universitari muniti di libretto universitario o attestato di iscrizione.

Durante il seminario saranno raccolte le adesioni al corso di fotografia che prenderà il via nel mese di dicembre.

Il seminario è aperto ad un massimo di 20 persone e per partecipare è necessario iscriversi presso la fumetteria ComicStore in Via Mazzini 119 a Potenza entro il 22 novembre.

Per info 0971 22606

Marcello Faggella

lunedì 12 novembre 2007

Storie di lotte tra spiriti... al Kubo!

Per chi legge manga da anni e si sente totalmente immerso in questo mondo, ma anche chi si avvicina a tale prodotto solo attraverso i pochi (e censurati) anime che di tanto in tanto appaiono sulle nostre emittenti televisive, è cosa nota che uno dei filoni che la fa da padrone (circa il 70% delle lunghe saghe e delle miniserie si basano su questo tema) è quello dei "combattimenti".


Certo, le tematiche e le modalità di narrazione di tali manga sono le più svariate: si va dalle guerre aliene, alle scaramucce da scuola superiore, alle lotte tra spiriti buoni ed esseri maligni, addirittura alle Guerre Sante tra Divinità di ogni Pantheon possibile ed immaginabile. Ciò che accomuna tali storie è che, di base, sempre di lotta (all'arma Bianca, Nera o tramite superpoteri di ogni sorta che sia) si tratta.

Tutto ciò fa nascere un interrogativo interessante: se alla fin fine sono tutti manga di lotta (e vi assicuro che ci sono spesso, per ogni manga famoso e di grande seguito, almeno una decina di pseudo cloni che usano idee simili e, a volte, personaggi cliché dello stesso impatto visivo) dove sta l'innovazione in ogni singola opera? E, sopratutto, come mai hanno tutti (anche i cloni sì, per quanto possa sembrare strano) un così vasto seguito?

La risposta a tale interrogativo sta nelle invenzioni narrative (spesso geniali) che i mangaka (i disegnatori, per intenderci) hanno saputo trovare nel corso delle narrazioni. Innanzitutto, va precisato un fatto: se fino a dieci anni fa anche il più grande manga di successo veniva costruito passo dopo passo, seguendo una linea di base per lo più abbozzata e arrivando, grazie anche a suggerimenti di fan e indagini di mercato, ad un risultato finale che non era così ben definito nella mente degli autori quando il progetto partiva, oggi i mangaka dedicano una attenzione quasi maniacale alla stesura di un plot narrativo di base molto più dettagliato e carico di riferimenti da seguire nel corso della stesura dell'opera. Ciò lo si può intuire dalla costruzione perfetta e minuziosa di certe vicende (quelle principali, per intenderci) che guidano le nuove storie atraverso situazioni secondarie e sottotrame che arrichiscono il racconto. L'esempio più eclatante di tale metodo di "studio a tavolino della trama" spetta senz'altro a Naruto, manga che in questi anni ha risvegliato una valanga di fanatici in ogni parte del mondo.

Ma ciò di cui vogliamo occuparci in questo articolo, non è tanto il nuovo metodo narrativo adottato dai mangaka, bensì di quelle scintille di genialità che rendono un semplice manga di lotta un'opera degna di attenzione. Nei manga in cui ci si mena di santa ragione, alla fin fine sono state utilizzate nel corso degli ultimi 30 anni tutte le possibili idee: calci, pugni, armi, poteri E.S.P. o del genere mutanti, doti innate dei personaggi, il Cosmo dei Cavalieri dello Zodiaco e gli Tsubo (punti di pressione) in Ken il guerriero. Sembrerebbe che tutte le carte siano state giocate e non si possa far altro che modificare storie e tecniche per rendere il manga piacevole.

Niente di più falso, Signore e Signori. E' qui che il genio inventivo prende il sopravvento ed esce fuori con una grande invenzione. Nel 1986, Akira Toryama, nel suo ormai straconosciuto Dragonball, inventa la tecnica dell'energia spirituale: i combattenti possono accedere all'energia del loro animo e, così facendo, essere in grado di scagliare fuori dal loro corpo potenti ammassi energetici che possono distriggure, addirittura, un Pianeta in un colpo solo. Nel 1989, un altro grande maestro, Hirohiko Araki, nella terza serie de "Le bizzarre avventure di JoJo" inventa la tecnica di combattimento degli "Stand": esseri legati a doppio filo allo spirito del combattente umano da cui sono sprigionati, con poteri di ogni tipo, dal controllo degli elementi, fino alla capacità di modificare il tempo e lo spazio; le invenzioni e le possibilità di Araki risultano virtualmente inesauribili, tanto che JoJo è arrivato oggi ad una settima serie in cui la storia, in qualche modo, riparte dall'inizio.

Altri autori hanno avuto mirabili idee e hanno inventato tecniche di lotta peculiari per i loro manga, ma ciò che accade in "Bleach" di Tite Kubo, giovane mangaka giapponese che con le sue storie di spiriti sta conquistando il mondo, va oltre la semplice trovata innovativa.

Di cosa parla Beach? Di un mondo in cui vivono esseri chiamati shinigami (dei della morte), abbigliati in stile samurai (kimono nero, takana, sandali, calzini bianchi) che combattano e donano la pace agli spiriti dei morti sulla Terra, prima che essi, a causa della violenza, possano tramutarsi in Hollow, mostri affamati dell'animo dei viventi. Punto. Fino a qui la storia di Bleach sembra la versione 18477994237237416 di altrettante storie di spiriti e mostri già narrate.

Ma è a questo punto, in pratica dopo appena 3 numeri del manga, che Kubo ci sorprende e, se permettete, ci mostra una genialità davvero fuori dal comune. Il nostro inventa un intero mondo, la Soul Society, dove gli shinigami vivono, si allenano, trascorrono le loro esistenza come gli esseri umani qui sulla Terra, seguendo regole, tradizioni e stili di vita tipici del giappone del 1700 (ma con forti influenza scientifiche quasi futuristiche).

Ma non è questa la cosa sconvolgente. Ciò che rende Bleach unico è il numero sconfinato di personaggi, ognuno caratterizato con un proprio io e una propria personalità. E ognuno con la sua micidiale "Zampakuto", la spada dell'anima, con cui gli shinigami combattono. E' qui la grande innovazione. Certo un manga con personaggi pseudosamurai non poteva non trattare di spade; ma le Zampakuto non sono soltanto spade!

Ogni Zampakuto infatti possiede una propria anima e una propria identità: nasce insieme allo shinigami a cui si lega, si sviluppo con lui ed in lui, ed è a tutti gli effetti più un essere vivente radicato nell'animo dello shinigami che una semplice arma. Ma c'è di più. Ogni spada si manifesta in maniera differente e possiede un potere particolare, che la rende unica ed inimitabile. Le Zampakuto, nel loro stato "rilassato" hanno una forma esteriore di semplici Katane (alcune più grosse, altre più piccole, ma sostanzialmente tutte raffigurate con lo stesso stile e disegno). Tuttavia tali spade possono, una volta noto il loro "nome" (e su questa fatto si potrebbe aprire una disquisizione filosofica, cosa che probabilmente farò in un futuro non molto lontano), ottenere la loro manifestazione shikai: una forma più forte della stessa spada (anche se spesso le Zampakuto si trasformano in altre armi, tipo scudi, pugnali, lance o addirittura si sdoppiano) dotate già in questa fase di un proprio potere specifico, inimitabile da altre spade. Mentre il loro aspetto fisico resta sostanzialmente quello di un'arma, le Zampakuto in stato shikai possono anche manifestarsi tramite una proiezione psichica, in una forma antropomorfa, umana o animale differente da spada a spada: il protagonista del manga, Ichigo, vede la propria Zampakuto, Zangetsu, sotto forma di un "vecchio" dal volto scavato e avvolto in un mantello nero e sdrucito, mentre Renji Abarai, uno dei coprotagonisti più accattivanti della serie, vede la sua arma, Zabimaru, manifestarsi nella forma di un babbuino bianco la cui coda consiste di un serpente.

Ma è nella terza e ultima fase, il bankai, che lo splendore delle Zampakuto e la loro forza si manifesta nella forma migliore: non più spade, non più semplici armi, a volte creature dotate di una propria forza e una propria anima, altre oggetti di distruzione che esulano dalla semplice logica dello strumento di guerra, altre, infine, veri e propri mondi che imprigionano, nelle loro illusioni, gli avversari per poi abbatterli. La Zampakuto del già citato Renji, ad esempio, assume la forma di un serpente con la faccia di babbuino costituito da infinite lame; mentre la Zampakuto di un altro personaggio, Tousen, diventa un luogo che priva di ogni percezione sensoriale nel quale il solo Tousen (cieco dalla nascita) riesce a muoversi e colpire alla perfezione.

In definitiva Bleach è un manga che ha dalla sua una storia profonda e ricca di mistero (cosa di cui vi parlerò un'altra volta) e che può contare sulla genialità di un autore, Kubo, il quale per ogni singolo personaggio, fornisce non solo un passato e una vicenda ben definita, ma anche un alter ego e un potere che vanno oltre le semplici doti fisiche o mentali di altri guerrieri a cui siamo stati affezionati in passato.
Donato Ciampa

Tigerwoman


Ubbidisco ubbidiente all'ordine di Giulio e "posto" questa immagine che ho realizzato al fine di sottoporla al giudizio di voi tutti.

Gerardo C.

sabato 10 novembre 2007

ORION, L' EROE DIMENTICATO.



Ci sono personaggi che non fanno in tempo a essere partoriti, che subito trovano la ribalta di albi a fumetti, anime, merchandisig e quant’altro.
Poi ci sono gli eroi di carta come Orion. Eroi dalla vita difficile e tormentata, con pochi riconoscimenti e pochissima visibilità. Alzi la mano chi di voi ricorda la serie animata dedicata la nostro eroe. Sì trattò di un fugace e velocissimo passaggio nell’estate del 1986, quando sul territorio nazionale alcune emittenti private cominciarono a trasmettere gli episodi di “Techno Knight Orion”, o più semplicemente “Orion”, adattamento per il piccolo schermo di un manga molto amato in patria (anche se da pochi), ma praticamente sconosciuto in occidente. La forma in cui vennero mandati in onda gli episodi della serie, fu già di per sé curiosa: dei 39 episodi di cui si componeva, ne furono trasmessi qui da noi solo 8 in un unico passaggio! Avete capito bene: la serie non fu mai più trasmessa. La cosa risulta ancor più strana se si pensa che le emittenti erano tutte private e locali, quindi senza alcuna remora in fatto di diritti.
Il nostro paladino non nasce però sul piccolo schermo, ma sulle pagine del manga “Shinzu Ningen Orion” ideato da Tatsuo Yoshimura nel 1970, che non è mai stato pubblicato in Italia, neanche ora che diverse case editrici si sono decise a colmare alcuni vuoti più o meno clamorosi (hanno tradotto anche il manga di Fantaman…). Ma del resto, come biasimare chi non se la sente di pubblicare un prodotto di nicchia, quando a mancare è la nicchia stessa?
Perché allora proprio Orion è importante, visto che vi sono diversi altri casi analoghi? Perché al di là della valenza di questa serie come meteora nel panorama televisivo, rimane importantissimo il ruolo che ha rivestito come precursore di tutto il filone dei cosiddetti “supereroi giapponesi”, ovvero i vari Tekkaman, Kyashan, Gatchman etc. Supereroi che si ispiravano sì a quelli americani, ma con caratteristiche proprie molto marcate, che spesso insistevano sullo spessore umano dei personaggi. Il tributo che le serie citate devono a Orion è enorme, anzi, senza di lui probabilmente non avremmo avuto una valida alternativa alle saghe robotiche. Ma perché allora questa sorte da latitante?
Il dubbio che sul nostro eroe pesi un veto più che una dimenticanza è forte. Il materiale a lui dedicato scarseggia in maniera sospetta al di fuori del Giappone. Mi spiego: provate a inserire “Orion” in un qualsiasi motore di ricerca, i risultati saranno sempre multipli di zero. Per avere sue notizie dalla rete bisogna andare a scavare tra i siti specialistici nipponici! Qualche immagine come quella che correda questo articolo e poi scarse informazioni (in giapponese). Addirittura Yoshimura dopo avere supervisionato la serie animata, si dedica al charachter design per una nota casa di giocattoli e abbandona del tutto il mondo del fumetto… roba da watergate.
Ma questa è un’altra storia. La nostra ha raccontato di un eroe dimenticato, che come una meteora ha sfrecciato lungo i palinsesti senza lasciare traccia. Se ricordate le gesta del paladino in armatura che combatteva i suoi nemici al grido di “DISTORSORE DIMENSIONALE!!!”, oppure “VIBRAZIONI COSMICHE!!!”, vuol dire che invece di andare a giocare a pallone, nella calda estate del 1986 avete oziato dinnanzi al tubo catodico resistendo al richiamo della strada ma, come il sottoscritto, siete stati testimoni di un evento unico.

lunedì 5 novembre 2007

Historia ed historieta

Quando mi sono accostato al mondo del fumetto, l’idea che ne avevo era assai comune.

Il fumetto era (e non poteva non essere) strumento di svago, di assoluto divertimento, difficilmente classificabile come letteratura, quand’anche si volesse usare, per accompagnare il sostantivo, l’attributo “minore”.

In quanto tale, esso era (nell’idea che ne avevo, continuo a dirlo) destinato ai bambini e solo raramente riusciva ad annoverare titoli godibili anche da un pubblico maturo.

Questa sorta di eccezione era stata concepita dalla mia coscienza nel tentativo di trovare giustificazioni al fatto che compravo Rat-man (che, lo ammetto, continuo ad acquistare).

Historieta, dunque, come chiamano il fumetto gli Argentini, riflettendo nella coscienza collettiva – credo – quell’idea di strumento di comunicazione minore destinato solo ad intrattenere ed a distrarre.

Poi l’Enola Gay ha sganciato la bomba.

Ma qui mi tocca fare un passo indietro. Non ho ancora detto della mia passione per la storia: chi voglia farsene un’idea si consideri invitato nel mio studio, una stanza le cui pareti sono interamente (e non è un’esagerazione) rivestite di scaffali sui quali ormai posteggio i libri in doppia fila.

Passione nella passione, poi, la seconda guerra mondiale, in parte perché è da quella che deriva tanta parte della situazione geopolitica attuale e, dunque, è in quella che cerco di trovare le spiegazioni di molti dei grandi fatti del secolo scorso e di quello appena iniziato; in parte perché degli zii di mia madre l’hanno vissuta in prima persona e, quando da piccolo ero loro ospite, me ne hanno raccontate [forse è proprio per questa duplicità di ragioni che, quando parlo di storia, non penso soltanto a quella scritta con la “S” maiuscola, la storia di generali, di eserciti, di Stati, ma anche agli infinitesimi frammenti che la compongono, alla storia “minuscola” di singoli individui, di “genti meccaniche e di piccolo affare”].

Ma torniamo a dov’ero: all’Enola Gay, alla bomba.

Circa due anni or sono, leggevo un libro di storia, “Hiroshima”, di John Hersey, uscito per i tipi della PIEMME. Si tratta di una raccolta delle testimonianze di sei persone che si trovavano ad Hiroshima il 6 agosto del 1945 e sono sopravvisssute. Storia piccola, dunque, in grado tuttavia di ben illuminare quanto crudele ed inarrestabile era stato allora l’ingranaggio della storia “maiuscola”.

Un caro amico, consapevole di questa mia passione ed a conoscenza di quella lettura, tornò dal Comicstore con una notizia: parlando con Giulio aveva scoperto che in negozio c’era ancora una rara copia di un fumetto che parlava di Hiroshima.

Confesso la mia perplessità: “Storia a fumetti” era, per me, ossimoro destinato a non trovare mai composizione. L’unica storia per immagini a cui riconoscevo dignità era quella dei documentari televisivi. Ma qui le immagini erano reali, non certo disegni di autori che nel chiuso dei loro studioli, inconsapevoli della realtà, gettavano china sul bianco dei fogli per raccontare, come cantastorie, favole per bambini.

Tuttavia, quando, qualche giorno dopo, entrai da Giulio, decisi di leggere la quarta di copertina del fumetto in quattro volumi di Keiji Nakazawa, dal prezzo stampato ancora in lire (25.000 l’uno, per l’esattezza). Riporto integralmente: “Gen di Hiroshima è il tragico resoconto del lancio della prima bomba atomica…”. Sin qui continuavo a vedere l’operazione “letteraria” quasi come un’irriverenza verso la serietà e la drammaticità dell’evento narrato. Ma la quarta continuava: …“Un toccante racconto autobiografico…”. Fu quell’aggettivo, “autobiografico” a sconvolgermi: la bomba, in quel momento, era stata sganciata sulle mie convinzioni e le aveva lasciate in macerie. Un’autobiografia, una testimonianza diretta come quella dei sei sopravvissuti del libro di Hersey che però l’autore aveva deciso di non inserire tra le pagine di un libro di una blasonata casa editrice, bensì in un fumetto.

Il fatto cominciava ad assumere contorni nuovi.

Comprai i quattro volumi e cominciai a leggerli, inconsciamente – credo – per cercare di smentire il racconto attraverso il confronto con il libro, quello “serio” e confermare quello in cui avevo sempre creduto. Ma più mi addentravo nella lettura più mi accorgevo che quanto raccontato da Nakazawa era identico a quello che avevano visto i sei di Hersey; con la particolarità, tuttavia, che quella che leggevo adesso era una testimonianza fatta per immagini, vere fotografie in strisce di china. Fotografie, per giunta, nelle quali il tratto riusciva ad esprimere anche i sentimenti del fotografo (potere che spesso ad un vero fotografo è negato).

Se avessi letto Gen prima del libro della Piemme probabilmente - proprio perché si trattava di un fumetto e proprio perché io ero quello che ero - l’avrei trovato esagerato ed avrei confermato le mie idee sulla historieta: ad esempio, quando Nakazawa, in alcune strisce, disegna uomini con la pelle che, liquefatta, scivola via dagli arti. Ma di pelle liquefatta parlavano anche i sei di Hersey. Così ho capito.

Nakazawa non disegnava affatto: ritraeva.

E la sua historieta era historia.

Oggi, a distanza di due anni, divoro fumetti storici che considero per quello che in realtà sono: reportages, documenti che hanno eguale dignità di libroni dalle copertine rivestite, fitti di parole e senza nessuna immagine.

Sono un pentito.

Non parlerò, per il momento, delle successive letture (non voglio bruciare subito il materiale per futuri articoli), ma voglio sottolineare una curiosità.

La quarta di copertina di Gen di Hiroshima continuava con dei commenti. Ne riporto uno: “Gen è uno di quei pochi fumetti che oggi sono in grado di compiere una magia: far nascere quei piccoli segni sulla carta dalla vita vera. Questa intensa e straziante storia brucerà nella vostra memoria come un cratere radioattivo e non potrete più scordarvela”.

Sono parole di quello che per me, allora, era soltanto un nome scritto in stampatello: Art Spiegelman.

Vito Carella

domenica 28 ottobre 2007

100%... STORIE DI EROI (STRA)ORDINARI!

Sin dalla nascita, l'uomo è sempre stato attratto e spaventato dal nuovo e dal cambiamento. Del resto, se siamo quelli che siamo, lo dobbiamo proprio al cambiamento fondamentale e definitivo, l'Evoluzione tanto cara a C.Darwin, che ci ha portati dallo strisciare al camminare eretti (è vero, qualche essere umano che striscia ancora esiste, ma quello è un altro discorso!).

Questo carattere predominante nella nostra cultura si è, nel corso dei secoli, adattato alle varie forme e capacità con cui l'uomo è riuscito a classificare, narrare, raccontare e studiare il "nuovo", il "diverso" e ciò che non riusciva a "spiegare" per mezzo della scienza.

Oggi, la cultura, la scoperta scientifica, la consapevolezza che l'Evoluzione un giorno esploderà mettendoci di fronte a nuove figure, nuovi esseri che come noi mangiano, dormono e volano...

VOLANO????!!!!! Aspettate, forse qua bisogna un attimo spiegarci!

Quelli di voi che pensavano di stare a leggere il prossimo articolo sulla genetica che il mensile "Le Scienze" pubblicherà in gennaio, farebbero meglio a staccare il pc e andarsi a bere un bel sorso d'acqua!

Per quelli di voi che invece, attirati dal titolo avvincente dell'articolo, vogliono proseguire, conviene dire le cose come stanno: qua si parla di Fumetti! Nella fattispecie, di Comics targati Casa Marvel!

................

Bene, dal momento che pare siamo rimasti solo noi interessati, credo sia arrivato il momento di proseguire.

Da ormai 50 anni (più o meno), la Casa delle Idee (leggi: Marvel), fonda la sua fortuna e le sue storie su di un presupposto: l'esistenza di esseri umani dotati di poteri fuori dal comune, che affrontano, loro malgrado, situazioni al limite del possibile (e spesso oltre l'impossibile), per deliziare il pubblico di lettori che ormai in quasi ogni parte del mondo fa incetta degli albi di Uomo Ragno, Fantastici 4, X-Men e company!

Ma le cose, come dicevamo all'inizio, evolvono costantemente. Se una volta bastava costruire la vicenda sulla base dello scontro Buono/Cattivo, raccontando una storia al contorno che fosse più avvincente che convincente, oggi il pubblico, affamato di contenuti, di vicende, di colpi di scena e magari anche di finali non proprio "Happy" (anzi, a volte i nuovi lettori godono col finale "Sad", sarà perché ci saremo convinti che tutto può solo finire male? "Certo che sì!" direbbe il buon vecchio Murphy, autore dell'omonima legge!), pretende che i propri beniamini entrino in un quadro intricato, fatto di misteri e di vicende che rispecchino anche la loro umanità, oltre ai loro poteri, e che li porti, magari, ad affrontare non tanto le paure del cattivo di turno, ma quelle di una storia d'amore finita, o il dubbio di essere un mostro, anche se si sta dalla parte del bene!

Avendo ormai intrapreso un cammino in questa direzione che continua da 20 anni circa, la Marvel ha ben pensato di creare una collana a sé stante, fatta di storie che, più che fumetti, paiono romanzi disegnati: opere dense di significato, permeate, dal principio fino alla conclusione, di domande, misteri, intrighi, vicende di uomini oltre la soglia dell'uomo, ma che come i "normali" vivono vite comuni, mischiate alle turbolenze che il loro destino di "speciali" li costringe ad affrontare giorno per giorno.

100% Marvel è una collana di volumi brossurati in grande formato che, mese dopo mese, raccoglie in un'unica soluzione non solo vecchie saghe ripresentate oggi ad un pubblico più vasto, ma anche storie che, utilizzando i supereroi e le vicende fantasy o fantascientifiche come pretesto, ci mette di fronte a tematiche scottanti quali il razzismo, la guerra, l'odio e l'amore, portati a volte ai limiti estremi come solo vicende di questo calibro sanno fare.

Certo, questo genere di storie non sono nate per caso: ad un certo punto gli sceneggiatori degli X-Men e dell'Uomo Ragno hanno compreso che le solite situazioni di "calci e pugni" non potevano rendere ne fare felici ragazzi (ma anche, e soprattutto, adulti) che volevano sempre più trovare riferimenti della vita di ogni giorno nelle storie dei loro beniamini, o che desideravano scoprire finalmente cosa accadeva dietro le quinte di una "Guerra Segreta".
Così già da molti anni, storie come "Watchmen", "Marvels", "Kingdom Come", nonché le vicende del Dio del sogno "Sandman", creato da Neil Gaiman (e forse proprio per merito suo siamo arrivati a queste moderne epopee psicologiche e psicanalitiche) hanno permesso di spingere le vicende dei supereroi verso un binario sempre meno fatto di banali risse, e sempre più costellato da frasi, pensieri, analisi profonde, amori e vicende del quotidiano di una generazione di esseri che ormai da anni convivono con noi, seppur solo in un mondo di carta.

venerdì 19 ottobre 2007

COLLEZIONISMI

Diventare collezionisti può sembrare semplice e accessibile a tutti, e tutti con modalità ed esiti diversi ci abbiamo provato (tappi di bottiglia, francobolli, monete, patate, etc.).
Che sarà mai? Basta accumulare e conservare l’oggetto della nostra collezione, direte voi cari amici. E invece no! Non ci si può improvvisare collezionisti. La strada per arrivare a fregiarsi di tale titolo è lunga e faticosa. E lo è ancora di più quando l’oggetto della collezione sono i nostri amati fumetti. Ma non dovete scoraggiarvi! Dato che da qualche presupposto dovrete pur partire per allestire la vostra collezione vado ora ad elencare 10 regole d’oro:


1) Prendete accordi con la vostra edicola o fumetteria di fiducia, e fatevi mettere da parte la miglior copia in assoluto del vostro fumetto preferito.
2) Presenziate sempre personalmente all’arrivo dei fumetti per verificare l’onestà e la perizia dell’esercente.
3) Cercate di entrare nelle grazie di edicolanti e librai in quanto, i malfidati, spesso prendono accordi con più di un collezionista. Un buon metodo per scalare la classifica è quello di spendere almeno 50 euro settimanalmente (fumetti esclusi).
4) Acquistate sempre almeno due copie di ogni albo. Una copia sarà quella da leggere, l’altra da conservare. Con il tempo imparerete a conservarle entrambe.
5) Nel caso in cui foste costretti, da una serie di eventi eccezionali, a dover sfogliare i vostri fumetti, aprite gli albi con un angolo non superiore agli 8°.
6) Ogni fumetto deve avere la sua bustina protettiva. Polvere e umidità possono provocare più danni di un amico che vi chiede in prestito il vostro tesoro. L’ultimo grido in fatto di protezione, sono le bustine in lattice spesso distribuite dalla Durex.
7) Fate molta attenzione al luogo in cui vengono conservati i fumetti. Molti spacciano per buona una libreria in un luogo fresco e asciutto, ma il minimo per stare tranquilli è una cella iperbarica posta nel caveau di una banca svizzera.
8) Nel caso di edizioni speciali o a tiratura limitata, cercate di accaparrarvi SEMPRE E COMUNQUE quella più costosa. Anche una piccola variazione in quarta di copertina, può determinare un maggior valore dell’albo.
9) Non alterate lo stato originale dei volumi: in nessun caso dovete staccare i poster o gli adesivi che di tanto in tanto corredano gli albi.
10) Un giorno potreste dovervi separare dai alcuni dei vostri amati fumetti. In nessun caso regalare VENDERE, VENDERE SEMPRE. Selezionate con cura gli acquirenti attraverso colloqui ai quali gli aspiranti dovranno pervenire muniti di Curriculum Vitae, e analisi recenti di sangue e urine. Ricordate di aggiungere al prezzo di mercato degli albi una cospicua percentuale determinata dal valore affettivo, e pretendete la cifra esorbitante che ne risulta.

Queste non sono che regole di base, cui ogni collezionista può apporre variazioni e miglioramenti frutto della personale esperienza. Vi invito dunque a comunicare ulteriori suggerimenti per affinare sempre più l’arte del collezionismo.
A questo punto credo che sia giunto il momento di fare outing: io purtroppo i fumetti li leggo… devo ammettere che me li porto pure al cesso, dimenticandoli spesso sulla mensola a prendere schizzi d’acqua e umidità.
Non riesco a fare a meno di aprire i volumi brossurati fino al limite (e oltre) per gustare appieno le tavole dei miei autori preferiti, ritrovandomi poi tra le mani le pagine svolazzanti.
In gioventù sono arrivato al punto di tappezzare la mia stanzetta con poster e addirittura pagine intere strappate via direttamente dai fumetti.
Quando non riesco a leggere un fumetto per intero, faccio un’orecchia sulla pagina per sopperire alla mancanza di un segnalibro… vi prego non odiatemi!
Se mi perdonate vi racconto la trama di tutti quei fumetti che avete comprato, e non avete “potuto” leggere.

Collericamente Vostro,
Egidio Marone

venerdì 12 ottobre 2007

Al via la redazione "virtuale" della Nuvola Scarlatta!

Cari amici,

con l'articolo di ieri anche la nostra associazione sposa la "rete". Alcuni di voi, già rodati collaboratori o nuovi promettenti compagni di viaggio, hanno ricevuto un invito a diventare a tutti gli effetti membri della nostra redazione. Accettando questo invito avrete la possibilità di postare il vostro articolo di critica direttamente nel nostro blog, senza censura alcuna, ma rispettando alcune piccole regole:

1) Gli articoli, sebbene postati con un nick, devono sempre essere firmati con il vostro nome e cognome;

2) I vostri scritti devono essere inerenti al fumetto;

3) Evitate, se non necessarie al contesto, inutili scurrilità e immagini volgari;

4) Non postate articoli lunghissimi (3 o 4 cartelle dattiloscritte son già tante);

5) La nostra è un'associazione senza scopo di lucro e la collaborazione è da considerarsi gratuita;

6) Gli articoli devono essere inediti...


Chiunque voglia avere la possibilità di essere inserito nell'elenco degli autori del blog (e non ha ricevuto un invito diretto a partecipare), deve mandare una e-mail (accompagnata dal primo articolo in formato word) a info@lanuvolascarlatta.org , inserendo all'interno della comunicazione le proprie generalità.

I "pezzi" postati saranno votati da TUTTI i redattori. Alla fine di ogni anno solare, gli articoli migliori saranno stampati nel numero annuale della rivista (che verrà distribuita in tutt'Italia nel canale delle librerie specializzate).

Benvenuti :-)

Giulio Laurenzi.

giovedì 11 ottobre 2007

Prima pagare Poi intervistare

IL PELO NELL’ UOVO

Prima pagare Poi intervistare
(vendesi distillato di imbecillità a prezzi modici)


Il sottotitolo non tragga in inganno. Quello che importa è il nome della rubrica che state leggendo, Il pelo nell’uovo. Parlerò, anche in questo caso, di testi essenziali per meglio comprendere la cultura del fumetto. Ho riletto con non poco interesse la ristampa del volume di Filippo Scòzzari Prima pagare Poi ricordare, e lo considero sempre più una testimonianza importante per chi vuole approfondire la storia italiana degli anni ’70, non solo quella del fumetto (il periodo della contestazione studentesca, dei collettivi, di Radio Alice, delle BR e, perché no, di una politica corrotta – tanto per cambiare). La cosa originale è che quest’analisi passa attraverso le vicende di un gruppo che ha fatto la storia del fumetto italiano (i tipi di Cannibale prima e Frigidaire poi).
Il mio compito rimane però quello di trovare il “pelo nell’uovo” e, sorpresa delle sorprese, in questo caso ne ho trovati un po’ più di uno.
Pelo n°1: il libro è importante, ma l’autore descrive le situazioni parlando di canne, pere, donne e corna degli altri. Entra approfonditamente nella sfera personale di molti, senza bussare né chiedere permesso, tranne che nella propria. Si preserva il ruolo di narratore onnisciente e anche un po’ “paraculo”. E questo è sotto gli occhi di tutti. Per dare maggiore attendibilità alla sua testimonianza avrebbe fatto meglio ad agire con più umiltà e a mettersi in gioco più frequentemente.
Pelo n° 2: parlando male un po’ di tutti, a destra e a manca, il buon Filippo scrive della poca coerenza di Lorenzo Mattotti nel difendere l’agente “Quipos” (Ravoni), per poi tuffarsi nel mondo dell’illustrazione e dimenticare i fumetti (falso).
Coerenza? Le ultime “fatiche” di Scòzzari… qualcuno mi spieghi cosa hanno a che vedere con il fumetto.
Pelo n° 3: scrive di Sergio “…Staino è talmente un poveraccio che perde sempre, anche quando arriva penultimo”. Puntualizza in seguito di riferirsi a lui come disegnatore.
Personalmente leggo in più di qualche sua dichiarazione un “cazzettino” di invidia. Innegabile è la migliore condizione professionale raggiunta da molti suoi colleghi dell’epoca (Staino, Mattotti, Mattioli, Altan, …).
Pelo n° 4: l’italiano non è un’opinione, e l’uso-abuso della d eufonica (pratica purtroppo diffusa) è un concetto da rivedere, anche per il "simpatico" Filippo.

Ho provato a chiedere diverse cose via e-mail al Maestro, notoriamente un campione di disponibilità. Avessi fatto lo stesso esperimento con coprolito avrebbe dato risultati più confortanti. Le risposte* che mi sono arrivate, avare e scortesi, volevano in realtà dire solo una cosa: Prima pagare Poi intervistare.

Mah!


Giulio Laurenzi


*Risposte (in ordine sparso – non meritano una pubblicazione diversa): “naturalmente” – “Io HO ragione, SEMPRE, furbino. No” – “Never More” – “Quanto mi dai?” – “Disegnatore. Lui me ne parlan di peste, ma nn lo conosco, per cui taccio.” – “V. libro” – “Zero” – “GUARDA, LASCIA PERDERE: ALLORA, E DICO ALLORA, CORBEN MI ERA MAESTRO. ORA NN +.” – “non esce mai dallo studio. Ad ogni modo NN me ne frega nulla.” – “Zero > e zero<” – “Ma va’ la.” – “Mi fregankzz” .





Coniglio Editore
Prima pagare poi ricordare
di Filippo Scòzzari
€ 14,00 Pagine 206 (Maxima Amoralia) 88-88833-13-7



NOTE

IL LIBRO:Questo libro è il racconto, vissuto in prima persona da uno dei suoi storici protagonisti, della grande stagione che ha dato vita al nuovo fumetto italiano, alla nuova satira politica, alla parte migliore della creatività degli anni Settanta, a riviste storiche e fondamentali come Cannibale, Frigidaire, Il Male. Un gruppo di coraggiosi, stupidi e indecenti geni della comunicazione, rifondano «il gusto e l'immaginario di una nazione abituata ad agitarsi nei salotti e sulle terze pagine solo per puttanate della galassia centrale». Fioccano le denunce, talvolta i sequestri, ma gli argini sono ormai rotti e il successo di questi autori è dilagante, e non solo in Italia. Tanino Liberatore, Massimo Mattioli, Andrea Pazienza, Filippo Scozzari, Vincenzo Sparagna, Stefano Tamburini: una grande storia di creatività italiana, che troppo facilmente oggi qualcuno vorrebbe rimuovere e tenta di edulcorare.



L'AUTORE:Filippo Scòzzari
Filippo Scozzari nasce nel 1946 a Bologna. A metà degli anni settanta esordisce su Re Nudo. Dopo aver collaborato con il Mago, Alteralter e il Male, è tra i fondatori di Cannibale e di Frigidaire, sulle cui pagine pubblicherà centinaia di vignette, testi, illustrazioni e decine di fumetti. Dalla seconda metà degli anni ottanta, Scozzari alterna ai fumetti [è stato vicedirettore di Frigidaire e direttore esecutivo del Lunedì della Repubblica, inserto satirico del quotidiano di piazza Indipendenza], illustrazioni per la pubblicità, manifesti cinematografici e non, copertine di dischi e marchi per la moda. Attualmente ha smesso di realizzare fumetti «perché non ci sono più riviste che li pubblicano» e fa lo scrittore e il pittore.



giovedì 6 settembre 2007

Satira lucana etc.




mercoledì 11 luglio 2007

Workshop 100Anime/2

I corsi programmati a Potenza il 21 e 22 luglio, purtroppo, non partiranno causa il mancato raggiungimento del numero minimo di partecipanti.
Chi avesse già provveduto a versare la quota d'iscrizione ci contatti in modo da poter restituire rapidamente la somma versata.

Venezia Comics
veneziacomix@yahoo.it
oppure
info@lanuvolascarlatta.org
tel/fax 0971 22606


sabato 5 maggio 2007

Workshop 100Anime

Avete mai provato a sfogliare una copia del fumetto 100Anime delle EdizioniBD? Se non lo avete ancora fatto... male, molto male! Stiamo parlando di una delle cose più interessanti pubblicate negli ultimi anni: atmosfere rarefatte, sceneggiatura avvincente, disegni accattivanti e colori strepitosi!



Gli autori della serie decidono di regalare a tutti gli aspiranti fumettisti un'occasione imperdibile, mettendosi a disposizione dei 30 fortunati che avranno la possibilità di seguire due workshop/ d'approfondimento delle tecniche di creazione del fumetto.
Il 21 e 22 luglio, a Potenza, in collaborazione con l'Associazione Culturale La Nuvola Scarlatta e Venezia Comix, avrete la possibilità di "tuffarvi" in due corsi intensivi: uno di sceneggiatura (prof. Alex Crippa) e disegno (prof. Alfio Buscaglia), e uno di colorazione (prof. Emanuele Tenderini).
I corsi avranno la durata di due giorni e saranno a numero chiuso (massimo 15 persone, 8 ore al di, 16 ore complessive per singolo workshop). Essendo contemporanei, bisogna scegliere quale dei due seminari seguire e iscriversi subito contattando

Venezia Comics
veneziacomix@yahoo.it
oppure
info@lanuvolascarlatta.org
tel/fax 0971 22606

La singola quota di iscrizione a uno dei due corsi è di 200 €.
Al termine dei workshop sarà rilasciato un attestato di frequenza.
Per il supporto logistico (albrghi, ristoranti e quant'altro) fare riferimento ai recapiti dell'associazione. Al momento dell'iscrizione, facendone richiesta diretta, sarà possibile ricevere brochure turistiche della zona.
Termine Iscrizioni 25 giugno

mercoledì 2 maggio 2007

Chi Siamo

Il 17 gennaio del 2003 si è costituita l'Associazione Culturale "La Nuvola Scarlatta". Scopo della associazione è di alimentare la cultura del fumetto nelle sue varie forme di espressione e di radunare tutti coloro che intendono perseguire tale obiettivo in un solo gruppo di associati che opererà in maniera univoca per il raggiungimento dello stesso. Slegata da qualsiasi gruppo politico o commerciale ha prodotto un suo programma di massima che comprende, tra le altre attività, le seguenti:

  1. Redigere e stampare una rivista periodica di critica sul fumetto nella quale si potranno pubblicare tutti gli elaborati degli associati, sia grafici sia redazionali, a insindacabile giudizio dei membri del direttivo e completamente a titolo gratuito;
  2. Organizzare e dirigere manifestazioni ed eventi quali rassegne cinematografiche a tema, convegni, conferenze, incontri con autori e mostre di tavole originali;
  3. Proporre corsi di disegno e sceneggiatura del fumetto tenuti da personale qualificato;
  4. Bandire concorsi per aspiranti disegnatori e/o sceneggiatori, scrittori e illustratori;
  5. Costituire una nutrita fumettoteca, i cui titoli saranno a disposizione gratuita degli associati;
  6. Organizzare tornei ufficiali di giochi di ruolo, carte e miniature.

immagine di ROMEO GALLO

Come facilmente intuibile il nome dell'associazione riconosce l'elemento fumettistico nella parola "nuvola", usata come sinonimo di fumetto per individuare la nuvola di fumo nella quale vengono iscritti solitamente i dialoghi dei personaggi. Altrettanto riconoscibile la citazione del classico della letteratura americana di Hawthorne "La lettera scarlatta". Il romanzo, uno dei più amati dal più famoso "narratore per immagini" Hugo Pratt, è stato fonte di ispirazione per diverse analogie che potrebbero legare l'attività dell'associazione a quella della sua protagonista Hester Prynne. Comprare e leggere fumetti è stato spesso visto come un gesto afferente ad una fascia di lettori immaturi e svogliati che, non avendo la pazienza e la capacità di soffermarsi su letture più impegnate, si accontenta di lasciarsi guidare dalle immagini nella comprensione di un testo. Come Hester, chi compra fumetti si espone al pubblico ludibrio. La lettera "A" cucita sul petto della adultera viene sostituita dalla copertina colorata di un volume a fumetti, tenuto tra le mani di un coraggioso acquirente. Per assurgere alla dignità che merita anche in Italia questa forma di espressione artistica, i membri dell'associazione non esiteranno a farsi cucire simbolicamente il logo della nuvola scarlatta sul loro petto e, con la stessa dignità della sig.ra Prynne, lo porteranno a spasso.


Immagine di EGIDIO MARONE

I membri che costituiscono il direttivo dell'associazione sono, in ordine alfabetico, i seguenti:
Saverio Calabrese, Raffaele De Pierro, Marcello Faggella, Donato Gallicchio, Roberto Giammatteo, Riccardo La Ghezza, Giulio Laurenzi, Egidio Marone e Gabriele Rufino.

Per contatti:
Ass. Cult. "La Nuvola Scarlatta"
c/o Comicstore, Via Mazzini 119 - 85100 Potenza
tel.fax: 0971/22606
e-mail: info@lanuvolascarlatta.org

Giulio Laurenzi