lunedì 24 dicembre 2007

Tanti auguri a modo mio!


sabato 8 dicembre 2007

Nomi impronunciabili, storie inenarrabili

Nell’estate del 1995, a oltre tre anni dall’inizio del conflitto bosniaco, delle tre enclaves musulmane in territorio bosniaco due, Srebrenica e Zepa, erano state abbandonate dalle truppe ONU e rapidamente occupate dall’esercito serbo.
I superstiti di Srebrenica avevano poi raccontato storie orribili, confermate dai ritrovamenti di fosse comuni avvenuti a conflitto cessato.
Sul futuro di Goradže, ultima delle tre enclaves, si allungavano ombre sinistre.
Del resto, i timori della popolazione erano confermati dal fatto che le truppe ONU britanniche ed ucraine avevano, in autunno, abbandonato anche questa città.
Poco dopo detta smobilitazione, con un convoglio di aiuti umanitari, arriva a Goradže un autore statunitense di fumetti, Joe Sacco.
Ed è ancora una volta in un fumetto che può trovarsi l’unico reportage (perché di vero reportage si tratta) giunto in Italia su questa storia che si è svolta al di là di quello stretto braccio di Mediterraneo che bagna le coste orientali della nostra penisola.
Per questo vorrei consigliarne la lettura: perché meglio di alcuni libri sull’argomento (anche grazie agli straordinari disegni di Sacco, profondamente espressivi e drammatici) questo fumetto permette di capire realmente cosa è accaduto dieci anni or sono a poche miglia marine da noi, attraverso le vive parole della gente che l’autore ha intervistato.
Vive parole della gente, come quelle di Edin, musulmano, che, della situazione precedente lo scoppio della guerra, diceva:
Ho passato un’infanzia felice. Non facevo la minima distinzione tra bambini serbi, croati e musulmani. Stavamo sempre insieme… a pescare nel bosco, sul campo da basket o allo stadio… Qui la popolazione era mista. Sulla sinistra di casa mia c’erano i serbi, dall’altra parte della strada i musulmani e a destra i musulmani. A un certo punto passavo la maggior parte del tempo con un amico serbo. Stava intere giornate a casa mia. Alla sera… mia madre, per farmi andare a cena, lo chiamava e gli diceva di mangiare insieme a me… Ho passato tutta la mia vita con i miei amici serbi Boban, Miro, Goran…Mi sono ubriacato con loro un’infinità di volte… Andavamo insieme a tutte le feste, ovunque. Non facevamo la minima distinzione”.
Eppure, questo straordinario esempio di convivenza e di equilibrio è stato spazzato via in breve, attraverso una mirata propaganda arricchita di invenzioni che ha soffiato sulle braci della paura fino a far riaccendere il fuoco dell’odio.
Così quello “stare sempre insieme” lentamente nella memoria si è cancellato; e quando Edin, poco prima della guerra annunciata ha chiesto ad un amico serbo “Perché non volete vivere con noi nello stesso paese?” si è sentito rispondere “Non potete aspettarvi che in futuro tra noi ci siano buoni rapporti. Voi avete intenzione di uccidere tutti i serbi bosniaci per creare uno stato musulmano”.
Il massacro pianificato ormai da tempo (i testimoni dichiarano a Sacco che nei mesi precedenti all’inizio degli scontri, mentre di giorno i vicini serbi e musulmani continuavano a salutarsi, sebbene sempre meno calorosamente, di notte i serbi accumulavano casse di armi nelle cantine) stava per iniziare.
La storia raccontata da Sacco appare significativa, tuttavia, non solo perché cronaca dell’alba di una guerra civile, di un genocidio, quanto anche e soprattutto perché cronaca delle sofferenze vissute dagli abitanti della città di Goradže e del loro caparbio e speranzoso attaccamento alla vita. Sacco racconta (e disegna) di mulini montati su zattere galleggianti sulla Drina, usati come generatori per l’elettricità; di marce massacranti nei boschi innevati controllati dai serbi, ad oltre 1700 metri di altitudine, per raggiungere Grebak, postazione dell’esercito bosniaco dove si distribuivano viveri. Sacco racconta Goradže e la sua voglie di continuare ad esistere. Goradže: città dal nome difficile da pronunciare, come Srebrenica, come Nogunri. Città che, come Srebrenica, come Nogunri, ha una storia dura da raccontare. Che, tuttavia, va letta e raccontata, per non lasciare che nelle fosse comuni scavate in Bosnia nella prima metà degli anni novanta, resti seppellito l’unico strumento che abbiamo per impedire alla storia di ripetersi così tragicamente: la memoria. [1]


[1]
Per chi sia interessato alla storia di Sarajevo durante il conflitto, consiglio Neven, sempre scritto e disegnato da Joe Sacco

giovedì 6 dicembre 2007

La satira russa?


Sarà fatta una selezione delle mie migliori vignette (una per ogni mese), selezione che sarà pubblicata sul Quotidiano della Basilicata a fine anno. Per quelle che ho disegnato da settembre potete aiutarmi anche voi, visitando il mio blog e indicando nei post recenti un massimo di due preferenze per ogni mese. Alla redazione del giornale la parola finale...

Amici, dite la vostra (disegno originale a chi ci azzecca)! Tenghiiuuuu ;-)

Giulio Laurenzi