lunedì 12 novembre 2007

Storie di lotte tra spiriti... al Kubo!

Per chi legge manga da anni e si sente totalmente immerso in questo mondo, ma anche chi si avvicina a tale prodotto solo attraverso i pochi (e censurati) anime che di tanto in tanto appaiono sulle nostre emittenti televisive, è cosa nota che uno dei filoni che la fa da padrone (circa il 70% delle lunghe saghe e delle miniserie si basano su questo tema) è quello dei "combattimenti".


Certo, le tematiche e le modalità di narrazione di tali manga sono le più svariate: si va dalle guerre aliene, alle scaramucce da scuola superiore, alle lotte tra spiriti buoni ed esseri maligni, addirittura alle Guerre Sante tra Divinità di ogni Pantheon possibile ed immaginabile. Ciò che accomuna tali storie è che, di base, sempre di lotta (all'arma Bianca, Nera o tramite superpoteri di ogni sorta che sia) si tratta.

Tutto ciò fa nascere un interrogativo interessante: se alla fin fine sono tutti manga di lotta (e vi assicuro che ci sono spesso, per ogni manga famoso e di grande seguito, almeno una decina di pseudo cloni che usano idee simili e, a volte, personaggi cliché dello stesso impatto visivo) dove sta l'innovazione in ogni singola opera? E, sopratutto, come mai hanno tutti (anche i cloni sì, per quanto possa sembrare strano) un così vasto seguito?

La risposta a tale interrogativo sta nelle invenzioni narrative (spesso geniali) che i mangaka (i disegnatori, per intenderci) hanno saputo trovare nel corso delle narrazioni. Innanzitutto, va precisato un fatto: se fino a dieci anni fa anche il più grande manga di successo veniva costruito passo dopo passo, seguendo una linea di base per lo più abbozzata e arrivando, grazie anche a suggerimenti di fan e indagini di mercato, ad un risultato finale che non era così ben definito nella mente degli autori quando il progetto partiva, oggi i mangaka dedicano una attenzione quasi maniacale alla stesura di un plot narrativo di base molto più dettagliato e carico di riferimenti da seguire nel corso della stesura dell'opera. Ciò lo si può intuire dalla costruzione perfetta e minuziosa di certe vicende (quelle principali, per intenderci) che guidano le nuove storie atraverso situazioni secondarie e sottotrame che arrichiscono il racconto. L'esempio più eclatante di tale metodo di "studio a tavolino della trama" spetta senz'altro a Naruto, manga che in questi anni ha risvegliato una valanga di fanatici in ogni parte del mondo.

Ma ciò di cui vogliamo occuparci in questo articolo, non è tanto il nuovo metodo narrativo adottato dai mangaka, bensì di quelle scintille di genialità che rendono un semplice manga di lotta un'opera degna di attenzione. Nei manga in cui ci si mena di santa ragione, alla fin fine sono state utilizzate nel corso degli ultimi 30 anni tutte le possibili idee: calci, pugni, armi, poteri E.S.P. o del genere mutanti, doti innate dei personaggi, il Cosmo dei Cavalieri dello Zodiaco e gli Tsubo (punti di pressione) in Ken il guerriero. Sembrerebbe che tutte le carte siano state giocate e non si possa far altro che modificare storie e tecniche per rendere il manga piacevole.

Niente di più falso, Signore e Signori. E' qui che il genio inventivo prende il sopravvento ed esce fuori con una grande invenzione. Nel 1986, Akira Toryama, nel suo ormai straconosciuto Dragonball, inventa la tecnica dell'energia spirituale: i combattenti possono accedere all'energia del loro animo e, così facendo, essere in grado di scagliare fuori dal loro corpo potenti ammassi energetici che possono distriggure, addirittura, un Pianeta in un colpo solo. Nel 1989, un altro grande maestro, Hirohiko Araki, nella terza serie de "Le bizzarre avventure di JoJo" inventa la tecnica di combattimento degli "Stand": esseri legati a doppio filo allo spirito del combattente umano da cui sono sprigionati, con poteri di ogni tipo, dal controllo degli elementi, fino alla capacità di modificare il tempo e lo spazio; le invenzioni e le possibilità di Araki risultano virtualmente inesauribili, tanto che JoJo è arrivato oggi ad una settima serie in cui la storia, in qualche modo, riparte dall'inizio.

Altri autori hanno avuto mirabili idee e hanno inventato tecniche di lotta peculiari per i loro manga, ma ciò che accade in "Bleach" di Tite Kubo, giovane mangaka giapponese che con le sue storie di spiriti sta conquistando il mondo, va oltre la semplice trovata innovativa.

Di cosa parla Beach? Di un mondo in cui vivono esseri chiamati shinigami (dei della morte), abbigliati in stile samurai (kimono nero, takana, sandali, calzini bianchi) che combattano e donano la pace agli spiriti dei morti sulla Terra, prima che essi, a causa della violenza, possano tramutarsi in Hollow, mostri affamati dell'animo dei viventi. Punto. Fino a qui la storia di Bleach sembra la versione 18477994237237416 di altrettante storie di spiriti e mostri già narrate.

Ma è a questo punto, in pratica dopo appena 3 numeri del manga, che Kubo ci sorprende e, se permettete, ci mostra una genialità davvero fuori dal comune. Il nostro inventa un intero mondo, la Soul Society, dove gli shinigami vivono, si allenano, trascorrono le loro esistenza come gli esseri umani qui sulla Terra, seguendo regole, tradizioni e stili di vita tipici del giappone del 1700 (ma con forti influenza scientifiche quasi futuristiche).

Ma non è questa la cosa sconvolgente. Ciò che rende Bleach unico è il numero sconfinato di personaggi, ognuno caratterizato con un proprio io e una propria personalità. E ognuno con la sua micidiale "Zampakuto", la spada dell'anima, con cui gli shinigami combattono. E' qui la grande innovazione. Certo un manga con personaggi pseudosamurai non poteva non trattare di spade; ma le Zampakuto non sono soltanto spade!

Ogni Zampakuto infatti possiede una propria anima e una propria identità: nasce insieme allo shinigami a cui si lega, si sviluppo con lui ed in lui, ed è a tutti gli effetti più un essere vivente radicato nell'animo dello shinigami che una semplice arma. Ma c'è di più. Ogni spada si manifesta in maniera differente e possiede un potere particolare, che la rende unica ed inimitabile. Le Zampakuto, nel loro stato "rilassato" hanno una forma esteriore di semplici Katane (alcune più grosse, altre più piccole, ma sostanzialmente tutte raffigurate con lo stesso stile e disegno). Tuttavia tali spade possono, una volta noto il loro "nome" (e su questa fatto si potrebbe aprire una disquisizione filosofica, cosa che probabilmente farò in un futuro non molto lontano), ottenere la loro manifestazione shikai: una forma più forte della stessa spada (anche se spesso le Zampakuto si trasformano in altre armi, tipo scudi, pugnali, lance o addirittura si sdoppiano) dotate già in questa fase di un proprio potere specifico, inimitabile da altre spade. Mentre il loro aspetto fisico resta sostanzialmente quello di un'arma, le Zampakuto in stato shikai possono anche manifestarsi tramite una proiezione psichica, in una forma antropomorfa, umana o animale differente da spada a spada: il protagonista del manga, Ichigo, vede la propria Zampakuto, Zangetsu, sotto forma di un "vecchio" dal volto scavato e avvolto in un mantello nero e sdrucito, mentre Renji Abarai, uno dei coprotagonisti più accattivanti della serie, vede la sua arma, Zabimaru, manifestarsi nella forma di un babbuino bianco la cui coda consiste di un serpente.

Ma è nella terza e ultima fase, il bankai, che lo splendore delle Zampakuto e la loro forza si manifesta nella forma migliore: non più spade, non più semplici armi, a volte creature dotate di una propria forza e una propria anima, altre oggetti di distruzione che esulano dalla semplice logica dello strumento di guerra, altre, infine, veri e propri mondi che imprigionano, nelle loro illusioni, gli avversari per poi abbatterli. La Zampakuto del già citato Renji, ad esempio, assume la forma di un serpente con la faccia di babbuino costituito da infinite lame; mentre la Zampakuto di un altro personaggio, Tousen, diventa un luogo che priva di ogni percezione sensoriale nel quale il solo Tousen (cieco dalla nascita) riesce a muoversi e colpire alla perfezione.

In definitiva Bleach è un manga che ha dalla sua una storia profonda e ricca di mistero (cosa di cui vi parlerò un'altra volta) e che può contare sulla genialità di un autore, Kubo, il quale per ogni singolo personaggio, fornisce non solo un passato e una vicenda ben definita, ma anche un alter ego e un potere che vanno oltre le semplici doti fisiche o mentali di altri guerrieri a cui siamo stati affezionati in passato.
Donato Ciampa

3 commenti:

Giulio Laurenzi ha detto...

A una prima lettura il tuo "pezzo" può sembrare un po' ostico. Ma leggendolo con più attenzione lo si apprezza maggiormente. Bravo.
Vale anche per te la stessa cosa che ho detto a Vito. Un po' più di analisi tecnica (scrittura e disegno, soffermandoti magari su alcuni passaggi che ti hannno colpito) farebbe fare il salto di qualità alle tue riflessioni...

Questo a mio modesto avviso :-)

Giulio

ciampax ha detto...

Ok, grazie per l'apprezzamento e le critiche.

Non mancherò in futuro di analizzare anche le tecniche, per quanto non sia un profondo conoscitore di queste ultime.

Anonimo ha detto...

Prof. sei grande.
Ti vogliamo ad architettura a matera.
precorsi fantastici.